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sabato 10 dicembre 2022

DA OGGI CI VEDREMO QUI


Era da tempo che ci pensavo, ma l'ultimo blocco che Facebook mi ha imposto - per un commento di due righe nel quale non compariva neanche l'ombra di un termine volgare o offensivo - mi ha fatto finalmente decidere. Non userò più questo social. Mi ha annoiato, ma soprattutto mi infastidisce. Già anni addietro mi ero preso una più che salubre pausa di circa due anni. Ora la misura è davvero colma.

Sulle ragioni della noia non mi soffermerò, perché sono del tutto personali e io sono uno che si annoia facilmente. Ma su quelle del fastidio, invece, sì, mi soffermerò e ci ragionerò anche. Perché l'apparente assurdità che mi suscita fastidio, da un punto di vista razionale è il mandante di quanto avviene in termini di controllo su questo social. E siccome verum quia absurdum, sul tipo di controllo che serpeggia in e ormai anima Facebook, mi riservo di tornarci su.

Sono incerto se chiudere definitivamente il mio profilo, dopo averlo reso visibile solo a me stesso per il tempo utile a scaricarmi immagini e testi che mi interessano e che non voglio disperdere, o lasciarlo andare alla deriva.

Probabilmente lascerò solo un post, con le indicazioni per trovare questo blog sul quale continuerò a scrivere le mie riflessioni, le mie sciocchezze, i testi che mi piace scrivere. Potendo felicemente disinteressarmi del fatto che questi rispettino o meno i cosiddetti "standard della community", un'espressione che nell'uso greve e mistificatorio di termini anglosassoni nasconde sic et simpliciter una censura dinamica, un controllo delle possibilità stesse di espressione, spacciato per rispetto e correttezza.

Ecco perché lascio Facebook: perché a me piace scrivere, e qui sul mio blog potrò scrivere quello che desidero, nel modo che desidero, con le parole che desidero, senza delatori, censure, controlli e quell'asfissiante atmosfera di "libertà e democrazia" che impera in Facebook, quel clima opprimente di controllo, di sospensioni, di odio a briglia sciolta, di pregiudizi e ignoranza spacciati per correttezza culturale.

A chi piace leggermi, lo farà qui, dove potrà commentare, darmi indicazioni, segnalarmi incontri, libri, film, serie, quello che desidera, anche criticarmi pesantemente. Anzi, lascerò a chi vuole seguirmi la mia email e periodicamente pubblicherò i testi di chi vorrà collaborare al blog. Perché «le parole sono azioni», diceva Ludwig Wittgenstein, e mai come oggi questo vuol dire scegliere, schierarsi, decidere, avere il coraggio intellettuale di prendere posizione. Fosse pure sul come dimostrare vicinanza, apprezzamento, amicizia, volontà di interloquire.

Me ne vado da Facebook non perché sia contro la tecnologia e l'evoluzione dei media - evoluzione che però, badate bene, non vuole dire affatto progresso, un'idea essa stessa balorda e foriera di distruzioni e pregiudizi - o perché sia animato da un deprecabile e nel mio caso improbabile "luddismo informativo", no. Semmai lascio questo social proprio perché trovo che sia ormai più che vecchio e che a fronte di potenzialità tecnologiche enormi, l'uso che ne viene fatto da parte di chi lo gestisce, sia tristemente simile al controllo dei vecchi e tradizionali mezzi di comunicazione di massa.

Abitare il mondo è l'imperativo etico, scientifico e politico di chiunque sia un utopista. Ma abitarlo dentro una gabbia predisposta per dare l'illusione di essere liberi, no. La scelta, allora, deve essere quella di mostrare che il mondo non finisce nel perimetro della gabbia, ma continua anche fuori.

Questo dunque non è per niente un addio. Chi vuole può rimanere in contatto con me, e viceversa io rimarrò in contatto con le persone con le quali desidero continuare ad avere uno scambio. Bisogna vincere l'inerzia delle abitudini, la facilità del ditino sullo shcermo dello smartphone, e sostituirli con l'impegno di ricercare una condivisione, di offrire e usufruire di informazione in modo il meno controllato possibile.

Viviamo sommersi di informazioni, immersi spesso a forza in una corrente potentissima, intensa e percettivamente totalizzante di stimoli. Mi piace pensare che però rimaniamo comunque capaci di scegliere in che modo abitare questo ambiente, e su questo insisto perché sono contrario a qualsiasi determinismo tecnologico. Io ho deciso di abitarlo fuori dal fiume fangoso di Facebook, cercando di spostarmi in un'ansa in cui l'informazione fluisce in modo diverso, in cui le correnti non travolgono tutto con valanghe di materiali, spesso veri e propri smottamenti psico-sociali, di dimensioni enormi, sversamenti di frustrazioni, di odio, lo spurgo della frustrazione sociale. Un'ansa dove come organismo che abita questo ambiente, mi sento decisamente più a mio agio.










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